Jesse Menczer Campionato Italiano Sport Prototipi

Dopo il pauroso incidente all'ultimo round della serie tricolore, il pilota di origini britanniche è già rientrato in California per il pieno recupero. E il suo spirito sempre positivo lo proietta ad un rientro d'assalto tra le Wolf GB08 Thunder
Quando si è vista la sagoma della sua Wolf lasciare il gruppo della prima staccata di gara 1 per poi ritrovarla senza ruote nelle vie di fuga l’attesa è stata palpitante.
Le notizie sono state subito rassicuranti, ma le velocità raggiunte ad Imola in quel punto, l’assenza di decelerazione per quello che si è poi scoperto essere stato un decollo e le procedure rigorose di estricazione hanno reso quegli attimi interminabili. Almeno fino al post che lo stesso Jesse Menczer ha pubblicato non appena raggiunto l’Ospedale Maggiore di Bologna, con un sorriso più vicino a smorfie da “late night show” che non da postumi traumatici.
Tutto il paddock tricolore e non solo di Campionato Italiano Sport Prototipi è pronto a riabbracciare il pilota californiano che è già rientrato nella sua San Diego e che non vede l’ora di rituffarsi nell’abitacolo della sua Thunder. Una cellula, tra l’altro, rivelatasi efficacissima nel garantire la sicurezza del pilota anche da forze d’urto superiori a quelle alle quali è stato sottoposta in sede di omologazione FIA F.1 2005.
“È stato un dolore atroce – racconta Jesse Menczer dalla West Coast – Ho poi avuto un intervento plastico alla vertebra e il decorso è positivo. Sono molto grato che la Thunder utilizzi una cellula di sicurezza monoscocca in fibra di carbonio di altissima qualità. Senza questo progetto strutturale, non credo che sarei sopravvissuto all’incidente. Colpire in volo una struttura del circuito priva di protezione da impatto (come lo è per esempio la barriera di pneumatici per le strutture basse) a 186 km/h senza compromettere la monoscocca è veramente impressionante”.
Ripensando all’incidente Jesse ricorda bene quei momenti. “Normalmente la prima curva è il pericolo maggiore in una gara. Credo che il traffico alla curva 2 (Variante Villeneuve) sia stato molto più lento di quanto mi aspettassi ed allora sono entrato in contatto a 210 km/h con la vettura di Claudio Giudice (sorry!!) e la sua gomma posteriore. Sfortunatamente questo ha fatto saltare in aria la parte anteriore della mia macchina. A quella velocità così alta l'aria sotto la vettura mi ha fatto volare e sono diventato un missile. Ho colpito il muro a 186 km/h”.
“All'inizio pensavo ‘Sto andando molto veloce ...’ Quando ho visto il cielo blu, ho pensato ‘questo non va bene, questo farà molto male’. Ho quindi tolto le mani dal volante e le ho messe in posizione di rinforzo”. Dopo un’esperienza simile si guarda già alla prossima sfida, ma non si deve avere fretta.
“Prima di tutto devo fare in modo che il mio scheletro guarisca - continua - Questo richiede fino a 4-8 settimane. La gara è a 11 settimane dall'incidente. Ho già perso 4 Kg in una settimana. E questo significa che riprendere la mia forza e resistenza per Vallelunga sarà molto difficile. Ho però una squadra di grande talento con fisioterapisti (Younique), coach cognitivi, osteopati e agopuntori. Avrò bisogno di lavorare su forza, mobilità, destrezza. Sarà doloroso e sarà difficile, ma non vedo l'ora di affrontare la sfida”.
“Sono anche contento di come è andata finora la stagione. Ho visto il mio passo a 3 decimi dal giro più veloce. Stavo combattendo per la P2 a Vallelunga nell'ultima curva. Sono stato sul podio due volte. Non credo di aver raggiunto il mio potenziale, ma sono orgoglioso del ritmo di gara che ho espresso. Le corse richiedono lavoro di squadra ed insieme, con il nostro team, continuiamo a lavorare sodo, ottimizzare e spingere-spingere-spingere (push push push)! Non è facile perché la competizione è molto forte. Il Campionato Italiano Sport Prototipi ha alcuni piloti di grande talento. E sono orgoglioso di competere con tutti loro”.
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Le notizie sono state subito rassicuranti, ma le velocità raggiunte ad Imola in quel punto, l’assenza di decelerazione per quello che si è poi scoperto essere stato un decollo e le procedure rigorose di estricazione hanno reso quegli attimi interminabili. Almeno fino al post che lo stesso Jesse Menczer ha pubblicato non appena raggiunto l’Ospedale Maggiore di Bologna, con un sorriso più vicino a smorfie da “late night show” che non da postumi traumatici.
Tutto il paddock tricolore e non solo di Campionato Italiano Sport Prototipi è pronto a riabbracciare il pilota californiano che è già rientrato nella sua San Diego e che non vede l’ora di rituffarsi nell’abitacolo della sua Thunder. Una cellula, tra l’altro, rivelatasi efficacissima nel garantire la sicurezza del pilota anche da forze d’urto superiori a quelle alle quali è stato sottoposta in sede di omologazione FIA F.1 2005.
“È stato un dolore atroce – racconta Jesse Menczer dalla West Coast – Ho poi avuto un intervento plastico alla vertebra e il decorso è positivo. Sono molto grato che la Thunder utilizzi una cellula di sicurezza monoscocca in fibra di carbonio di altissima qualità. Senza questo progetto strutturale, non credo che sarei sopravvissuto all’incidente. Colpire in volo una struttura del circuito priva di protezione da impatto (come lo è per esempio la barriera di pneumatici per le strutture basse) a 186 km/h senza compromettere la monoscocca è veramente impressionante”.
Ripensando all’incidente Jesse ricorda bene quei momenti. “Normalmente la prima curva è il pericolo maggiore in una gara. Credo che il traffico alla curva 2 (Variante Villeneuve) sia stato molto più lento di quanto mi aspettassi ed allora sono entrato in contatto a 210 km/h con la vettura di Claudio Giudice (sorry!!) e la sua gomma posteriore. Sfortunatamente questo ha fatto saltare in aria la parte anteriore della mia macchina. A quella velocità così alta l'aria sotto la vettura mi ha fatto volare e sono diventato un missile. Ho colpito il muro a 186 km/h”.
“All'inizio pensavo ‘Sto andando molto veloce ...’ Quando ho visto il cielo blu, ho pensato ‘questo non va bene, questo farà molto male’. Ho quindi tolto le mani dal volante e le ho messe in posizione di rinforzo”. Dopo un’esperienza simile si guarda già alla prossima sfida, ma non si deve avere fretta.
“Prima di tutto devo fare in modo che il mio scheletro guarisca - continua - Questo richiede fino a 4-8 settimane. La gara è a 11 settimane dall'incidente. Ho già perso 4 Kg in una settimana. E questo significa che riprendere la mia forza e resistenza per Vallelunga sarà molto difficile. Ho però una squadra di grande talento con fisioterapisti (Younique), coach cognitivi, osteopati e agopuntori. Avrò bisogno di lavorare su forza, mobilità, destrezza. Sarà doloroso e sarà difficile, ma non vedo l'ora di affrontare la sfida”.
“Sono anche contento di come è andata finora la stagione. Ho visto il mio passo a 3 decimi dal giro più veloce. Stavo combattendo per la P2 a Vallelunga nell'ultima curva. Sono stato sul podio due volte. Non credo di aver raggiunto il mio potenziale, ma sono orgoglioso del ritmo di gara che ho espresso. Le corse richiedono lavoro di squadra ed insieme, con il nostro team, continuiamo a lavorare sodo, ottimizzare e spingere-spingere-spingere (push push push)! Non è facile perché la competizione è molto forte. Il Campionato Italiano Sport Prototipi ha alcuni piloti di grande talento. E sono orgoglioso di competere con tutti loro”.
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